Uno stop forzato... nel novembre del 2007 un'emorragia cerebrale e un ictus!
Nel 2007 iniziai un bellissimo anno fatto di gare di sci, musica e famiglia. Ma una grave malattia cerebrale mi blocco completamente, anima e corpo. Ritornare alla normalità doveva essere una priorità. Ma come fare?
Oltre all'emorragia cerebrale, riassorbito in un paio di giorni, i dottori mi fecero un'angiografia che non ebbe un esito positivo. Nel mio cervello morì una parte di cellule pari a una noce. Era affetto da una grave afasia per cui non riuscii più ne a parlare ne a spostarmi con le mie gambe. Per alcune settimane fu una sedia e rotelle il mio mezzo di trasporto. Era il 26 novembre e per 11 giorni la mia anima e la mia mente se ne andò in un'altra dimensione.

Nel frattempo era in procinto di nascerestava la terzogenita Cecilia. Ero ospedalizzato ella clinica Hildebrand di Brissago (Suisse) e il dottore del piano(che fino allora era restio a lascarmi andare) mi concesse un concedo di un giorno per seguire la nascita della piccola. Fu una giornata uggiosa di gennaio 2008 e il miracolo avvenne alle 23.45 presso la clinica Sant'Anna di Lugano.
Immaginavo che tornare alla normalità era una missione quasi impossibile ma, tenace come sono, trovai delle strategie per uscire dal fondo della «fossa delle Marianne». Iniziai una vita quasi «normale», anche se avevo questa grave afasia che non mi permetteva di fare le cose che la gente normale faceva regolarmente.
Una crisi epilettica (luglio 2008) mi mise un'altra volta alle corde facendomi sprofondare nella depressione, per cui dovetti ricominciare di nuovo a lottare.

Questa volta fui colpito al morale e mi attaccai alla cosa più cara: la famiglia. Spesso piangevo in quanto non trovavo una via di fuga a questo labirinto senza uscita. Per fortuna accudii i mie bambini e, con l'aiuto di mia moglie, riuscimmo a educare questi piccoli che avevano tanto bisogno del calore familiare, visto quanto hanno dovuto passato. Malgrado ciò, nel settembre del 2008 salii le mie prime vette: il Piz Prèvat in Levantina (Ticino - Suisse) e il Piz Scalotta a Bivio (Grigioni - Suisse) e scattai una serie di fotografie di quelle belle regioni. Fu un'esperienza emozionante!

Il mio “Everest interiore” da scalare, 12 anni di terapia
Diversi medici avevano segnalato a mia moglie che le mie possibilità di miglioramenti erano seriamente compromesse e avrei avuto solo 24 mesi per sperare in un piccolo miglioramento delle mie attività cerebrali. Sarebbe stato come scalare l'Everest, essendo disabile fisicamente e mentalmente, ma nella mia mente qualcosa si stava sviluppando nella parte sinistra, la noce morta. La voglia di ritornare alla normalità doveva essere le mia assoluta priorità. Ma come fare? L'unico modo possibile poteva essere solo quello di rifare tutte le azioni sviluppate in 45 anni della mia vita, ovvero da quando sono nato nel 1962. Sviluppare le mie capacità da «uno zero per cento» poteva anche farmi cadere le braccia, ma probabilmente, caparbio come sono sempre stato, ho sempre creduto a una filosofia in parte orientale (meditazione trascendentale, aïkido) e in parte scozzese (cornamusa, musica celtica). Ne è nato uno stile “Braveheart”, ovvero Cuore impavido. E me ne accorgo con il tempo, nel discutere, nell'agire e nel vivere quotidiano. A dodici anni dalla mia grave malattia mi trovo a essere più libero, ma in questo lasso di tempo ho dovuto lavorare sodo per rimettere a posto il mio fisico e sopratutto migliorare la parte cerebrale.